L’etica della coesistenza globale

26/01/2003

UN PERICOLOSO DIVARIO
Di fronte al crescente divario tra potere tecnologico e regole di condotta morale, la dedizione assoluta alla nonviolenza, incarnata di solito da persone di rara fede religiosa, deve essere praticata anche dalla gente comune. Non bisogna mai perdere la fiducia nel potere delle parole e nel dialogo in ogni circostanza

Questi sviluppi mi ricordano l’apocalittico monito di Toynbee all’umanità, contenuto nel nostro dialogo di trent’anni fa: «La caratteristica più allarmante della società odierna è che questo potere (conferitoci dalla tecnologia) si è accresciuto con rapidità straordinaria, mentre il livello medio della moralità o della immoralità degli uomini che lo gestiscono è immutato, o si è addirittura abbassato…
Noi siamo consapevoli del crescente divario tra potere e regole di condotta morale. Questa frattura è stata resa drammatica dall’energia nucleare, cioè dalla scoperta delle tecniche di fissione e fusione nucleare. […] Non si vede come nell’era atomica l’essere umano potrà evitare un suicidio di massa se non riuscirà a elevare la sua moralità al livello del Budda o di San Francesco d’Assisi».1
Toynbee era convinto che un tale modello etico – la potenza spirituale di una dedizione assoluta alla nonviolenza, incarnata da queste persone di rara fede religiosa – non doveva essere considerato semplicemente come un insieme di “precetti di perfezione”2 non praticabili dalla gente comune. Sarebbe stato invece necessario metterlo in pratica, per controllare quei mostruosi prodotti della tecnologia moderna come gli armamenti nucleari. Ma in base alla sua lettura della storia era pessimista rispetto alle nostre capacità di riuscita. Le sue speranze si concentravano sulla possibilità di una rivoluzione religiosa che potesse migliorare il mondo attraverso una rapida trasformazione di vasta portata del cuore e della mente delle persone.
Con l’attuale aggravamento della crisi del nucleare e delle altre armi di distruzione di massa dobbiamo tenere a mente le parole di questo grande studioso.
Ho sempre affermato che la missione della Soka Gakkai nella società consiste nell’impiegare l’energia spirituale che scaturisce dalla profondità della vita per combattere quelle forze – violenza, autorità, materialismo – che continuano a violare la dignità umana su tutta la terra. In concreto questa battaglia spirituale consiste nel non perdere mai fiducia nel potere delle parole, nel rimanere convinti assertori del dialogo in ogni circostanza. È una lotta più difficile di quanto sembri, perché presto o tardi ci si dovrà confrontare con quell’avversario che preferisce la violenza alla discussione, che rinnega il linguaggio, l’essenza della nostra umanità. È allora che il nostro impegno nei confronti del dialogo viene messo a dura prova e dimostra il suo vero valore.

[…]

ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA
L’abrogazione di una serie di trattati e accordi per il disarmo, l’inasprimento dei conflitti tra stati detentori di bombe atomiche, la riattivazione della corsa al nucleare mettono in grave pericolo l’impalcatura della non proliferazione nucleare e aprono la prospettiva di una nuova corsa agli armamenti

Il primo problema per la sicurezza umana è costituito dalle armi di distruzione di massa, un punto cruciale sia nella crisi irachena che in quella nordcoreana. A questo proposito vorrei discutere iniziative miranti a prevenire la proliferazione e incoraggiare la riduzione e l’eventuale abolizione delle armi nucleari, perché il pericolo posto da questi armamenti rischia di andare fuori controllo.
Il Bollettino degli scienziati atomici, una pubblicazione scientifica americana, alla fine dello scorso anno ha annunciato che la lancetta piccola dell’“Orologio del giorno del giudizio” si è spostata a sette minuti a mezzanotte.31 Il periodico cita numerose ragioni a sostegno di ciò, fra cui: l’abrogazione del Trattato sui missili antibalistici (ABM) che finora era la base per la limitazione degli armamenti nucleari fra USA e Russia; il conflitto fra India e Pakistan, entrambi stati detentori di armamenti nucleari; le crescenti preoccupazioni che riguardano il controllo e la gestione dei materiali fissili e l’esistenza di gruppi terroristici che mirano all’acquisizione di armamenti nucleari.
Recentemente la situazione si è aggravata con l’annuncio che la Corea del Nord non solo sta riattivando i propri impianti nucleari ma intende anche ritirarsi dal Trattato di non proliferazione nucleare (NPT).
Se tali condizioni persistessero, non solo verrebbe minata alle radici l’intera impalcatura della non proliferazione nucleare – che ruota intorno all’NPT – ma si profilerebbe anche la prospettiva inevitabile di un’inarrestabile escalation militare. E serie ombre potrebbero cadere anche sulle prospettive di controllo di altre armi di distruzione di massa come quelle chimiche e biologiche.
Nell’aprile dell’anno scorso si è svolta la prima sessione del comitato preparatorio per la Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione degli armamenti nucleari, che si terrà nel 2005 tra le parti contraenti. Il rapporto chiedeva: 1) misure che garantissero l’entrata in vigore del CTBT, 2) l’ingresso senza condizioni di Cuba, Israele, India e Pakistan all’NPT, 3) l’osservanza da parte della Corea del Nord delle misure di sicurezza della IAEA (International Atomic Energy Agency).32
Dei quattro paesi citati, nell’ottobre 2002 Cuba ha annunciato la sua intenzione di aderire all’NPT e ratificare il Trattato di Tlatelolco (Trattato per la proibizione degli armamenti nucleari in America Latina e nei Caraibi). È d’importanza vitale per la causa della pace che anche gli altri tre paesi (India, Israele e Pakistan) entrino subito nell’NPT e che la Corea del Nord rinnovi la sua adesione. Realisticamente ciò può accadere solo se la comunità internazionale opererà congiuntamente per sostenere e incoraggiare iniziative concrete mirate alla creazione di fiducia nelle regioni in questione.
Per quanto riguarda il programma di sviluppo delle armi nucleari nella Corea del Nord, è fortemente auspicabile che quest’ultima segua la strada di Cuba, cioè la partecipazione a una convenzione di denuclearizzazione regionale a tutela della sicurezza locale, pur rimanendo all’interno dell’NPT.

UN EMISFERO SETTENTRIONALE SENZA ARMI NUCLEARI
Alla fine del XX secolo quasi tutto l’emisfero meridionale era coperto da accordi di denuclearizzazione, che hanno contribuito sensibilmente a mantenere pace e stabilità non solo localmente ma nell’intero pianeta. Ikeda propone una conferenza di pace nel nord est asiatico con la partecipazione dell’ONU e della Corea del Nord con lo scopo di istituire una zona denuclearizzata all’interno di questa regione

Ho ripetutamente invocato la costituzione di una zona denuclearizzata nel Nordest asiatico. Questa regione si può già avvalere della dichiarazione congiunta di denuclearizzazione della penisola coreana del 1992, della dichiarazione, nello stesso anno, della Mongolia come stato denuclearizzato e dei tre principi antinucleari del Giappone (non possedere, non produrre e non permettere l’introduzione di armamenti nucleari nel paese).
Partendo da tali dichiarazioni penso che andrebbe organizzata una conferenza di pace del Nordest asiatico patrocinata dall’ONU, con la partecipazione della Corea del Nord, per sondare le possibilità di istituire una zona denuclearizzata in questa regione e di promuovere iniziative locali atte a costruire fiducia.
Attualmente l’unica struttura di sicurezza a cui la Corea del Nord partecipa è il Forum regionale ASEAN. Penso che una discussione approfondita sulla questione del Nordest asiatico, con la partecipazione delle Nazioni Unite, sarebbe di notevole rilevanza.
Alla fine del XX secolo quasi tutto l’emisfero meridionale era coperto da accordi di denuclearizzazione. Questi accordi, che miravano a garantire la sicurezza dei singoli paesi non attraverso il possesso di armi nucleari ma grazie al fatto di non possederle, hanno contribuito non solo al benessere di ogni singolo paese aderente ma anche alla sicurezza dell’intero pianeta. È sicuramente una valida dimostrazione che tali misure rappresentano una possibilità politica reale. Perciò vorrei proporre che nel XXI secolo la comunità internazionale si impegni a estendere tali iniziative anche all’emisfero settentrionale. Sono già state redatte bozze di proposte per la creazione di zone denuclearizzate in Asia centrale e nel Medio oriente. Ed è tempo di cominciare a istituire misure del genere anche nel Nordest asiatico.
Anche se occorrerà del tempo prima che tali zone vengano dichiarate denuclearizzate, un’opzione praticabile da parte della Corea del Nord potrebbe essere quella di imitare la Mongolia e dichiarare il proprio stato di nazione denuclearizzata. Quella dichiarazione fu accolta favorevolmente dall’Assemblea generale dell’ONU, e i cinque stati nucleari nel 1995 ribadirono anche nei riguardi della Mongolia l’Assicurazione di sicurezza negativa (secondo la quale il gruppo di stati privi di armamenti nucleari aderenti al NPT non sarebbe stato soggetto ad attacchi nucleari). Credo che la garanzia di ottenere una risposta simile spianerebbe la strada a una dichiarazione di rinuncia agli armamenti nucleari anche da parte della Corea del Nord.
Insieme al NPT l’altro elemento centrale nella limitazione delle armi nucleari è il CTBT, che purtroppo non è ancora entrato in vigore a sei anni dalla sua adozione (1996). Era stata ventilata la proposta di una entrata in vigore provvisoria del trattato quando fosse stato ratificato da un certo numero di stati; a quel punto avrebbe iniziato a funzionare il sistema internazionale di controllo dei test nucleari 33. Ritengo che questa proposta andrebbe presa in seria considerazione per impedire ulteriori rallentamenti in direzione del disarmo nucleare.

DISARMO IN “BUONA FEDE”
Ikeda qui suggerisce l’istituzione di una nuova agenzia dell’ONU preposta a garantire una stretta ed efficace applicazione delle promesse di disarmo nucleare già formulate nel 1968 nel Trattato di non proliferazione, secondo cui ogni firmatario si impegna a intraprendere negoziati in buona fede per stabilire misure valide che portino al più presto alla cessazione della corsa agli armamenti atomici e al disarmo nucleare

Una questione essenziale per garantire la non proliferazione degli armamenti nucleari è il controllo dei missili balistici, in previsione della Conferenza di revisione del NPT che si terrà nel 2005. Propongo che venga attribuito un valore vincolante dal punto di vista legale al Codice internazionale di condotta contro i missili balistici (ICOC) adottato nel novembre 2002.
Allo stesso tempo, per rafforzare l’impalcatura formale della non proliferazione delle armi nucleari, sostengo con forza che gli stati nucleari prendano iniziative concrete in direzione della riduzione e dell’eliminazione di tali armamenti. Sarebbe un’espressione di quell’autocontrollo che definivo in precedenza come l’essenza primaria di un comportamento civile.
Inoltre per il sessantesimo anniversario dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, che cadrà nel 2005, propongo che venga dedicata alla causa dell’abolizione nucleare una sessione speciale dell’assemblea generale dell’ONU, con la partecipazione dei vari capi di stato.
Dopo la terza sessione speciale delle Nazioni Unite sul disarmo non vi sono state altre occasioni per discutere seriamente a livello globale il problema dell’abolizione delle armi nucleari. Nel maggio dello scorso anno è stato concordato di sostituire il trattato ABM con il cosiddetto Trattato di Mosca per la riduzione strategico-offensiva fra USA e Russia. Quest’accordo bilaterale è attualmente l’unica convenzione internazionale per il disarmo; non esistono altri trattati più ampi e multilaterali che promuovano una fattiva riduzione degli arsenali nucleari a livello mondiale.
è tempo di esercitare sforzi concreti e assidui per realizzare in questo nuovo secolo un mondo senza armi nucleari. Dobbiamo affrontare direttamente tale problema, dal quale dipende il destino dell’umanità.
Da tempo chiedo che sia adottato un trattato per la totale messa al bando di tutti gli armamenti nucleari. Come primo passo in questa direzione vorrei invitare gli stati nuclearizzati a utilizzare la sessione speciale di cui ho parlato per progredire nella negoziazione di un trattato di disarmo nucleare. Sarebbe un modo di adempiere all’«impegno inequivocabile da parte degli stati detentori di armi nucleari a portare a termine la totale eliminazione dei loro arsenali in direzione del disarmo nucleare»34, assunto nel documento conclusivo della Conferenza di revisione del NPT 2000.
Inoltre suggerirei a questa sessione speciale di istituire una nuova agenzia dell’ONU preposta a garantire una rigorosa ed efficace applicazione delle promesse di disarmo nucleare formulate già nell’articolo VI del NPT del 1968: «Ognuno dei firmatari del Trattato si impegna a intraprendere negoziati in buona fede per stabilire misure valide che portino quanto prima alla cessazione della corsa agli armamenti atomici e al disarmo nucleare e per un trattato di disarmo generale e completo sotto un rigido ed efficace controllo internazionale».
L’istituto Toda per la pace globale e la ricerca politica è un organismo che si ispira all’impegno per la pace di Josei Toda (1900-1958), secondo presidente della Soka Gakkai, che definì le armi nucleari un male assoluto che minaccia il diritto alla vita di tutta l’umanità. Durante la fase preparatoria della Conferenza di revisione del NPT 2005, l’istituto Toda sarà impegnato in un progetto di ricerca per sostenere il disarmo nucleare e l’abolizione delle armi atomiche, in collaborazione con altri istituti di ricerca di varie parti del mondo.

[…]

IL POTERE DI OGNI INDIVIDUO
Così come la scienza sostiene David Krieger, presidente della Fondazione per la pace nell’era nucleare ci ha rivelato l’enorme quantità di energia contenuta in una singola particella di materia, adesso dobbiamo risvegliarci al fatto che la determinazione interiore racchiusa in ogni vita individuale ha il potere di cambiare il mondo. Quando le persone si risvegliano, si uniscono e agiscono insieme si crea un potere illimitato e un inarrestabile cambiamento dinamico

Accanto all’alfabetizzazione, che mira ad aumentare le capacità fondamentali di leggere e scrivere, negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza del bisogno di una nuova forma di educazione umanistica, che incoraggi la coesistenza creativa con l’ambiente naturale e promuova una cultura di pace.
Sulla base di questa consapevolezza la SGI ha proposto – nella fase preparatoria del WSSD – l’istituzione di un Decennio di educazione per lo sviluppo sostenibile. Questa proposta, che mira a promuovere un’educazione per la costruzione di una società globale sostenibile, è stata inclusa anche nel piano operativo del Summit. Nel dicembre 2002 l’assemblea generale dell’ONU ha adottato una risoluzione formale che istituisce tale decennio a partire dal 2005.
L’educazione ambientale, come l’educazione alla pace e ai diritti umani, deve essere il fulcro di una nuova concezione di educazione umanistica. Promuovendo un’educazione che offra strumenti concreti alle persone per ricercare attivamente la felicità e un futuro migliore, possiamo gettare le fondamenta di una nuova epoca di speranza nel XXI secolo.
Da molti anni la SGI è impegnata in iniziative per stimolare la consapevolezza riguardo alle questioni ambientali. Per esempio al Summit della Terra del 1992 fu inaugurata una mostra sull’ambiente che poi ha girato tutto il mondo. Siamo decisi a continuare a promuovere l’educazione ambientale su scala globale e siamo determinati a garantire il successo di questi decenni per l’alfabetizzazione e l’educazione alla sostenibilità dando il nostro massimo appoggio, in collaborazione con le agenzie competenti delle Nazioni Unite e le altre ONG.
Credo che la Carta della Terra, compilata grazie agli sforzi del Consiglio della Terra (Earth Council) e alla quale abbiamo dato un notevole sostegno, debba essere un pilastro dell’educazione ambientale. Nella Carta della Terra si legge: «Come mai prima nella storia, il destino comune ci invita a ricercare un nuovo inizio. Tale rinnovamento è la promessa di questi principi della Carta della Terra. Ciò richiede un cambiamento nel modo di pensare e di sentire, un nuovo senso di interdipendenza globale e di responsabilità universale».
La cosa essenziale per trovare soluzioni ai problemi ambientali e alla miriade di altri problemi che ci stanno di fronte, è che ogni individuo sviluppi questo senso di responsabilità e di impegno attivo.
Nel 2002 la SGI ha collaborato con il Consiglio della terra alla produzione del documentario Una rivoluzione tranquilla che illustra come, in diverse parti del mondo, gruppi di persone abbiano agito per affrontare problemi ambientali: gli abitanti del villaggio di Nimi in India, alle prese con una cronica scarsità d’acqua; le iniziative per affrontare l’inquinamento del lago di Zemplinska Sirava in Slovacchia e per combattere la desertificazione in Kenya. Sono dimostrazioni evidenti del fatto che ogni individuo ha la capacità di fare la differenza.
In ogni epoca sono le persone dotate di convinzioni incrollabili, di coraggio e passione che hanno trasformato ciò che sembrava apparentemente impossibile, mettendo in moto le forze di un cambiamento storico.
Ma oggi la società è pervasa da un senso di impotenza e di disperazione. «Come posso sperare di ottenere qualcosa io, un singolo individuo?». «Qualsiasi cosa faccia, non cambierà niente…». Il dubbio ci divora il cuore. Anche il più coraggioso perde le speranze di fronte alla realtà, e il mondo si richiude su di noi. Questo è sicuramente il male fondamentale della nostra epoca.
Uno dei temi centrali del dialogo che ho avuto con David Krieger, presidente della Fondazione per la pace nell’era nucleare, è stato il conferire poteri (empowerment) al singolo individuo. Egli suggeriva di ispirarsi alla teoria della relatività di Einstein per formulare un nuovo teorema di pace: così come la scienza ci ha rivelato l’enorme quantità di energia contenuta perfino in una singola particella di materia, adesso dobbiamo risvegliarci al fatto che la determinazione interiore racchiusa in ogni vita individuale in ogni istante ha il potere di cambiare il mondo.42
Sono convinto che il movimento della rivoluzione umana portato avanti dai membri della SGI sia una dimostrazione di questo teorema.
Non possiamo rimanere passivi di fonte a queste gravi realtà. Invece dovremmo aprirci al potere illimitato, all’inarrestabile cambiamento dinamico che si crea quando le persone si risvegliano, si uniscono e agiscono insieme. Solo dimostrando questa verità l’umanità del XXI secolo può realizzare la sua missione.

NOTE

1) A. TOYNBEE-D. IKEDA, L’UOMO DEVE SCEGLIERE, Milano, Bompiani, 1988, p. 324.

2) Ibidem.

31) “Doomsday Clock’ Moves Two Minutes Closer to Midnight”. Bulletin of the Atomic Scientists. 27 Feb. 2002. 20 Jan. 2003.

32) Preparatory Committee for the 2005 Review Conference of the Parties to the Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons. NPT/CONF.2005/PC.I/21. New York, 8-19 Apr. 2002.

33) Yuji Miyamoto Beikoku no ‘ikkokushugi’ to Nihon no kakugunshuku seisaku [American Unilateralism and Japanese Nuclear Disarmament Policy]. Ronza Apr. 2002: 120-29.

34) United Nations. 2000 Review Conference of the Parties to the Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons. Final Document. NPT/CONF.2000/28, p. 14.

42) David Krieger e Daisaku Ikeda. Kibo no sentaku [Choose Hope]. Tokyo: Kawadoshoboshinsha, 2001, p. 271.

tratto da: Dasiaku Ikeda “L’etica della coesistenza globale”, Proposta di Pace 2003