Oppenheimer, un racconto tra luci e ombre

26/09/2023

Abbiamo chiesto a Enza Pellecchia, vicepresidente di Senzatomica e responsabile scientifica della campagna, un suo commento al film di Christopher Nolan.

Considerando la complessità del film di Christopher Nolan su Oppenheimer e il suo approccio al rapporto tra scienza, guerra e pace, come crede che questo film possa influenzare la consapevolezza pubblica riguardo al ruolo degli scienziati nella creazione di armi nucleari e alle sfide etiche ad esso associate?

In queste settimane, moltissime persone stanno andando a vedere il film di Christopher Nolan su Oppenheimer. È un film potentissimo e molto complesso, con tanti temi che si intrecciano e anche diversi livelli di lettura. È un film molto interessante perché fa vedere come la comunità scientifica, che in maniera determinante collaborò alla realizzazione della bomba atomica, non fosse tutta pienamente consapevole del progetto a cui stava lavorando e non fosse pienamente consapevole neppure di quelle che sarebbero potute essere le implicazioni. Con il progetto Manhattan, non solo nasce la bomba atomica e nasce l’era moderna, ma contemporaneamente nasce il dilemma degli scienziati su quello che deve essere il loro ruolo rispetto alla progettazione di strumenti di morte.

 

La bomba al plutonio Fat Man successivamente fatta esplodere su Nagasaki. Credits: Prisma Bildagentur/Universal Images Group via Getty Images

 

Qual è la sua opinione sul modo in cui il film di Christopher Nolan affronta il rapporto tra scienza, guerra e pace?

Non è un caso che molti di coloro che parteciparono al Progetto Manhattan poi abbiano avuto dei ripensamenti e abbiano riflettuto profondamente su quello che avrebbero potuto fare per invertire la tendenza e quindi riscattare la scienza rispetto al contributo che aveva dato alla creazione di strumenti di morte. Lo stesso Oppenheimer, e questo si vede molto bene nel film, ha una profonda metamorfosi per quanto riguarda il suo ruolo, anche in seguito come scienziato che si impegna per la pace. Ci sono delle ingenuità che indubbiamente emergono nel profilo di Oppenheimer, il non aver compreso pienamente quanta sarebbe stata la potenza devastante dell’arma che avevano progettato. C’è un passaggio del film in cui, dice: “Ci aspettavamo non più di 20.000 morti” mentre la devastazione è stata di proporzioni ben maggiori, così come non immaginavano quelli che sarebbero stati poi gli effetti di lungo periodo, il fall out radioattivo, gli hibakusha di prima, seconda e terza generazione. Questo rappresenta anche un monito: siccome la scienza non è in grado di controllare tutto, gli scienziati devono domandarsi se sia giusto, ammissibile ed eticamente accettabile realizzare una determinata cosa oppure ci si debba fermare prima. 

 

Image courtesy of US Govt. Defense Threat Reduction Agency, Public domain, via Wikimedia Commons

 

Come interpreta il personaggio di Oppenheimer nel film, e in che modo questa rappresentazione solleva questioni etiche riguardo al ruolo degli scienziati nella creazione di armi distruttive?

C’è anche un’altra ingenuità della comunità scientifica che emerge con chiarezza nel film: la convinzione, nelle stesse parole di  Oppenheimer, che proprio grazie a quella grande dimostrazione di forza si sarebbe radicata nella comunità internazionale la convinzione che nessun’altra guerra sarebbe stata combattuta. Inizia proprio lì, da questo equivoco, poi, la narrazione delle armi atomiche come strumento per mantenere la pace. In realtà questa ingenuità è durata pochissimo, perché l’arma atomica non ha fatto altro che scatenare una corsa agli armamenti che ha caratterizzato tutti quanti i decenni successivi. Lo stesso vale per la convinzione che un organismo internazionale sarebbe stato in grado di mettere nella bottiglia il genio malefico uscito dalla bottiglia. Sono, dunque, tanti gli spunti di riflessione e di approfondimento che vengono offerti dal film, che credo sia uno strumento utilissimo, anche se c’è un ma, devo dire che è un film che mi è piaciuto moltissimo nel quale c’è una grandissima, grave secondo me, mancanza. Nessun riferimento a un personaggio luminoso, Joseph Rotblat, scienziato che partecipò al Progetto Manhattan con la convinzione che fosse necessario arrivare all’atomica prima che ci arrivassero i fisici tedeschi, dotando quindi Hitler di un’arma potentissima che gli avrebbe consentito di assoggettare il mondo.

 

Perché ha menzionato Joseph Rotblat come un “personaggio luminoso”? Può spiegare quali sono stati i comportamenti e le azioni di Joseph Rotblat all’interno del Progetto Manhattan e come la sua storia si integra nel contesto più ampio della ricerca scientifica durante quel periodo?

Nel momento in cui Rotblat acquisì l’informazione, tramite l’intelligence britannica, che i fisici tedeschi si erano allontanati dalla via che li avrebbe portati a realizzare l’atomica, era venuta meno la giustificazione iniziale che aveva indotto lui e tantissimi altri scienziati ad aderire al Progetto Manhattan e lasciò il progetto. In quel momento il progetto stesso era ormai completamente nelle mani dei militari e dei politici, che non ebbero nessuna intenzione di rinunciare alla realizzazione di uno strumento che poi avrebbe determinato i successivi equilibri mondiali. Questo emerge chiaramente nel film. Il vero obiettivo non è più sottomettere il Giappone e porre fine alla seconda guerra mondiale, ma sottomettere l’Unione Sovietica nel mondo che ci sarebbe venuto dopo. Mi è molto dispiaciuto questo silenzio rispetto a Rotblat, perché la sua figura dimostra che c’era una possibilità di scelta, almeno per chi disponeva di informazioni.